Stand-out (Italia)
Passi fugaci che si rincorrono su un tracciato impalpabile. E' questa l’immagine che suggerisce di primo acchito il titolo dell’album di Gianluca Livi: “Fleeting Steps”. Pubblicato con l’etichetta Eclectic Productions, la nuova fatica discografica dell’ex Anno Mundi ha del sorprendente sotto innumerevoli profili, e si avvale della preziosa collaborazione di Stefano Pontani, Massimo Sergi e Domenico Dente. E’ innanzitutto un episodio che si discosta dall’hard rock di cui l’autore in questione era abile traghettatore, rivelandosi un disco che si prefigge di abbracciare l’ambient nei suoi risvolti sperimentali, che tuttavia mantiene integerimmi il vigore, la corposità e la personalità di un genere hardcore nella sua preziosa insostituibilità. Ne è l’immediata riprova “Birth of a flower in a post-atomic landscape”, che non ha alcuna intenzione di glassare l’atmosfera tesa, non vuole concedersi un ambient di facciata che corra il rischio di deteriorare il suono. E’ un brano giunonico diviso in due parti in stile Godspeed You! Black Emperor e God is an Astronaut, con pennellate di Mono a fare da glossa tra un sottogenere e l'altro. E’ una traccia che sfida la nostra mente ad andare oltre, a lasciarsi andare e nel farlo cova la gracilità di un rapimento umano che tuttavia possiede la forza per granire rabbia e tormento in minuscoli grani sospensivi musicati con ineguagliabile talento. Diventa granatiere di un'elusività seducente, intrigante, complice, in cui – trascorso il tempo di ascolto – ci si rende conto di essere rimasti imbambolati nella resina creativa come fossimo mosche appiccicate al sudario di una carta moschicida. Lo studio e l’attenzione alle spalle si percepiscono chiarissimi: “Fujiko Mine pt 1” porta in sé un guazzo di "Discreet Music" del caro Brian Eno e verticali echeggianti di casa Harold Budd. Ma nel corso dell’opera non si manifesta mai l’ibidem. Le idee , nfatti, non si ripetono, casomai si inseguono, si migliorano, si stravolgono, ma sempre con massima creatività espressiva (“Irrational Thoughts”). Indubbiamente, nel corso delle 8 tracce, si perde contatto con la realtà, e forse bisognerebbe affidare questo progetto alla gravimetria più che alla critica musicale. Pezzi come “Zero gravity in my Lair” o “Lost in space” corrono come idrometre sulla superficie liscia di riverberi alieni, controbilanciando le tracce precedenti senza volontà di illeggiadrire a tutti i costi quanto è preceduto. Gianluca Livi imbastisce sonorità gemelle dei Tuxedomoon, impuntandosi talvolta su glaciazioni soniche che magnetizzano l’ascoltatore (“Talkin' to an Alien about eternity”), per un progetto accattivante che riesce nell'intento di ibrinare diverse soluzioni artistiche con il buongusto di un concept nel quale bisogna immergersi lentamente. In tanta balordaggine pseudomusicale che ambisce a diffondersi a macchia d'olio sulle spiagge estive, la classe, il mistero, gli intrighi melodici di questo disco sono quanto di più necessario e apprezzato si possa immaginare oggi. Un’urgenza accontentata verso la quale vogliamo esprimere tanta gratitudine. Probabilmente in mandaloriano.