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Artists And Bands (Italia)

Quasi impossibile discernere le sensazioni e le visioni provocate dall’ascolto di questo lavoro solista di Gianluca Livi, dalla razionale analisi della musica (o forse sarebbe meglio direi dei suoni) scaturita al suo ascolto: nonostante si cerchi di rimanere quanto più possibile obiettivi, è impensabile e, probabilmente, vano, sezionare un disco nato soprattutto durante interminabili sedute notturne passate a cercare suoni, mentre i pensieri dell’autore si arrovellavano senza soluzione di continuità.

Chi ha conosciuto l'autore in quanto artefice di una band hard rock come gli Anno Mundi è destinato a soprassedere. Questo “Fleeting Steps” è più di quanto lontano anni luce dal precedente progetto cui egli ha partecipato.

Già la copertina (di cui peraltro è autore suo figlio Alessio) è indicativa circa ciò che troveremo all’interno di questo lavoro (chi scrive è stato attirato proprio all’ascolto del disco da questa, ancor prima di aver parlato con l’autore del progetto), tanto da non discostarsi molto da quelle di blasonate etichette discografiche che propongono musica d’avanguardia, a partire dalla ECM.

L'artista lascia per questo disco la batteria, limitandosi a utilizzare loop e percussioni elettroniche (oltretutto rare) e concentrandosi invece sui suoni che grazie a valenti collaboratori (a pelle devono aver partecipato in maniera consistente se non nella prima composizione, quanto meno nella post produzione sicuramente Stefano Pontani, chitarrista noto soprattutto per aver militato nei Vu-Meters, Anagramma ed Ezra Winston, ma anche il bassista Domenico Dente – ospite nel prossimo lavoro dei citati Anno Mundi - e il pianista Massimo Sergi che ha saputo tessere tele minimaliste su questo disco) riescono a produrre nell’ascoltatore un’esperienza sensoriale o – se non altro – pensieri legati al vissuto immediato e remoto in cui questa musica funge da colonna sonora.

Se la prima parte di “Birth of a Flower” è un susseguirsi di anagrammi elettronici che paiono usciti da un elaboratore a cui sia stato dato in pasto un complesso linguaggio musicale, la seconda invece si caratterizza soprattutto per l’intervento di Massimo Sergi, che inizia ad accennare sonorità progressive (di cui, inutile negarlo, sono intrisi tutti i brani e le “anime” dei partecipanti a questo disco), le quali peraltro inevitabilmente ricorrono in molte delle tracce successive. Il lavoro di ricerca - va detto - è nato soprattutto grazie all’ausilio di collaudati programmi di editing musicali e lunghi, spasmodici arrangiamenti compiuti nello studio dell’autore, per poi proseguire in sala di registrazione assieme agli altri musicisti. Nella maggior parte degli episodi vi si trovano echi di Brian Eno, Tangerine Dream e Synergy (Larry Fast), ma ciò che permea l’insieme è una costante inquietudine e la conseguente necessità di ricercare a riportare il tutto – attraverso suoni, ricordi, visioni impresse su un’ideale pellicola in una soluzione senza discontinuità – ad uno stato di serena, atmosfera contemplativa.

“Fleeting Steps” è si, come dicevamo, un disco che nasce “notturno”, eppure alcune situazioni, quasi fossero flashback catturati all’interno di una pellicola cinematografica, suggeriscono invece sonorità mediterranee, istantanee di paesaggi impervi, assolati e brulli, che prendono forma attraverso i suoni raccolti dall’apparato auditivo e, una volta elaborati, sono rimandati sulla nostra retina, per offrirci un’esperienza “extra-sensoriale”.

Sarebbe vano definire singolarmente brano per brano, perché – pur vivendo di vita propria – il disco appare come un amalgama perpetuo in cui perdersi e lasciarsi andare, senza per questo scadere nell’apatia, offrendo sonorità che stimolano la riflessione e, al contempo, il rilassamento.

Se pensiamo che “Fleeting Steps” sia il risultato elaborato di un esperimento, beh, potremmo dire che è sicuramente promosso a pieni voti.

http://www.artistsandbands.org/ver2/recensioni/underground/9110-gianluca-livi-with-stefano-pontani-massimo-sergi-domenico-dente-fleeting-steps

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