Rockol (Italia)
Gianluca Livi, batterista, co-fondatore della band doom Anno Mundi. Gli anni Settanta bene in testa, così come Peter Gabriel, i Tangerine Dream e Frippertronics: queste le influenze dichiarate da un artista che si muove nei confini di un ambient molto delicato in cui fanno da sfondo l’elettronica, il jazz, la psichedelia e il progressive. Nascono così gli otto pezzi di “Fleeting steps”, album d’esordio come solista di Livi, qui accompagnato da Stefano Pontani alla chitarra, Massimo Sergi a piano e synth, e Domenico Dente al basso, un terzetto che ha dato un contributo non solo in termini di registrazione ma anche di composizione. Composizione che si traduce in una riflessione sul tempo e sulla sua dilatazione tradotta in termini sonori: in tutti gli otto pezzi del disco, quello che si percepisce infatti è la necessità di espandere quelle che potrebbero essere melodie dal taglio minimale per sublimarle ad un livello più alto. Ecco quindi che i dieci minuti e mezzo di “Zero gravità in my lair”o i quattordici e mezzo di “Talking to an alien about eternity”, titolo già piuttosto significativo di per sé, rappresentano alla perfezione quello che è il concept di un disco non per tutti, ma nonostante questo comunque piuttosto fruibile. Basta lasciarsi andare alle divagazioni sonore di “Fleeting steps”, decidere di intraprendere un viaggio nel tempo e nello spazio, inteso letteralmente come tutto ciò che va oltre l’atmosfera terreste. Un approccio molto interessante se pensiamo che Livi fondamentalmente è un batterista, uno che con il tempo ha un rapporto particolare. Del resto, non capitando per caso, come tutte le cose, anche questo disco affonda le proprie radici nel passato doom del suo autore e così come il doom punta a dilatare i tempi del metal, così l’ambient di Livi prosegue questo lavoro di dilatazione temporale, sbiadendo i confini di un genere, l’ambient appunto, per produrre suoni in grado di incidere sulla percezione, arrivando a toccare la psichedelia. Il tutto all’insegna di una disillusione piuttosto evidente, concreta, pregnante, che pervade tutto il disco.
Poco altro da dire: prendetevi quindi il tempo per ascoltare. Dovrebbe essere sempre così, ma in questo caso in particolare questa regola vale un po’ di più. Letteralmente.
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